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Costruire bene si può, perché non farlo?

È stato il titolo del libretto rosso presentato a CONCRETEZZA 2024, una domanda che la dice lunga anzi lunghissima, come la lunghissima lista di perché le cui risposte illuminano i motivi che impediscono il buon costruire. Stiamo attraversando un momento particolarmente difficile con il Calcestruzzo in generale il materiale principe del buon costruire è ormai da troppo tempo considerato il principale colpevole per l’inquinamento ambientale, il maggior produttore di CO2, la madre di tutti i disastri. In funzione di questo concetto, ormai da tempo sdoganato dai più, si stanno perpetrando i maggiori misfatti nei confronti del “buon costruire”. Già dal 1993 con il reperimento della norma UNI ENV 197_1 la Comunità Europea, sebbene in forma sperimentale, introdusse i cementi compositi che prevedevano produzione e commercializzazione di cementi con aggiunte di calcare a seconda delle tipologie dal 6% al 35%. In Europa la transizione inizia già regolamentata al solo 10% e parte sin dagli anni ’60, in Italia l’adozione definitiva avviene con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nel febbraio 2002 Norma UNI EN  197_1. Si creò un Cem II tagliando un buon cemento con un 95% di clinker con del filler carbonatico, all’epoca qualcuno azzardò, su riviste di settore, asserire che il taglio fosse migliorativo addirittura si cercarono reazioni del filler che avrebbero contribuito a migliorare la qualità del prodotto. Ci fu in quel caso la decenza di lasciare sul mercato la possibilità, la disponibilità nel Cem I, ci avevano lasciato la possibilità di scelta. Chi avesse voluto, avrebbe potuto acquistare, a prezzo maggiorato, il Cem I; Inutile dire che il Cem II ebbe la meglio, la legge del “quello che costa meno” ebbe la meglio…

Ho cercato invano fra la letteratura del caso, ho trovato solo a tale proposito (ovvero a proposito del CEM II al calcare) la frase ricorrente “Oggi largamente usato anche grazie alle sue migliori performance ambiantali e ai requisiti imposti dai CRITERI AMBIENTALI MINIMI “ (CAM). Oggi, sempre in nome della CO2, non solo ci viene tolto dal mercato il Cem I, ma addirittura si parla di “depotenziamento” del Cem II, questa volta però pur mirando alla riduzione del Clincher, non ci è dato sapere con cosa viene tagliato, forse dico forse, con materiale proveniente da ricicli, o chissà. Bisognerebbe rammentare che nel 2004 la CE decise di togliere il nome “inerti” alla parte lapidea del calcestruzzo, sostituendo con la parola “aggregati” proprio perché era un dato di fatto che quest’ultimi erano tutt’altro che inerti ma, se non di buona qualità, intervenivano negativamente sulla durabilità del calcestruzzo.

La premiabilità nell’utilizzo degli NON inerti riciclati fino a percentuali assurde, unito alle difficoltà di avere concessioni per la coltivazione di nuove cave o allargamento di cave già aperte, non dimenticando i divieti di ripulire l’alveo dei fiumi, che faciliterebbe di molto lo smaltimento delle acque meteoriche che stanno distruggendo territori e vite umane, ha portato il costo del riciclato a livello dell’aggregato buono e spesso superiore. Tutto questo in nome del rispetto ambientale; ne sono tutti convinti? Oppure sta bene così?

Non bastasse questo, in nome del risparmio di CO2 sono scomparsi dal mercato i cementi in classe 1, sostituiti da cementi così detti ecologici con un tenore ci clincher più basso e tutto questo, ancora una volta in nome del rispetto ambientale.

Da anni ci dedichiamo alla formazione nel settore delle costruzioni e, in modo particolare, a formare TECNOLOGI del calcestruzzo e ci troviamo veramente in imbarazzo quando spieghiamo ai ragazzi le caratteristiche che deve avere un calcestruzzo per rispondere a quanto gli viene richiesto; che senso ha la prova di assorbimento di un aggregato, la determinazione delle sostanze organiche, e ancora La Los Angeles, e tutte le altre prove? Quando aggiungo fino al 30% di riciclato con assorbimenti che arrivano oltre il 14%  e non posso superare l’1% per i calcestruzzi durevoli; non ho il coraggio di dire ai ragazzi “cosi facendo si ottengono le migliori performance ambientali e rispetto assoluto dei CRITERI AMBIENTALI MINIMI”.

Si è chiesto mai nessuno quanto inquina una costruzione che mi dura dai 30 ai 60 anni e quanto mi inquina una costruzione che mi dura minimo 400 anni?  Il Valore dell’opera è universamente riconosciuto nella durata dell’opera; molti paesi ormai hanno cambiato l’idea di progetto ormai il progetto inizia dalla relazione geologica passando per l’esecutivo per le manutenzioni e termina con il progetto di demolizione ed infine il progetto di smaltimento, questo è il vero valore dell’opera e di conseguenza il vero rispetto dell’ambiente condiviso con gli interessi di chi acquista, con gli interessi del paese civile; è un’utopia? No | È civiltà!!

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