AETERNUM FIRE: l'egregio sconosciuto... la vera protezione passiva al fuoco!
Cosa prevede la norma UNI 11076?
Geom. Emilio Sorridente
La sicurezza delle opere edili ed infrastrutturali oggi riveste un ruolo centrale. L’infrastruttura stradale italiana comprende infatti autostrade, strade statali, strade regionali, provinciali e comunali, dove si contano 2.179 gallerie. Eppure, il contesto italiano è tutt’altro che roseo, il 70% della rete infrastrutturale italiana è in esercizio da oltre 30 anni, crepe e infiltrazioni d’acqua sono solo una parte delle problematiche a cui sono esposte le nostre infrastrutture. Spostando lo sguardo sul trasporto su ferroviario nazionale, troviamo che ci sono 1.633 gallerie ferroviarie in esercizio, l’Italia vanta dunque un’estensione maggiore che nel resto d’Europa. Le gallerie rappresentano quindi il 7,7% dell’intera rete ferroviaria nazionale che è composta da circa 16.800 km di infrastruttura. Sono dati che devono guidare soprattutto noi Tecnici, verso una riflessione profonda. Progettare e realizzare opere infrastrutturali sicure e durevoli si può e si deve fare! A tal proposito preme ricordare, la tragedia del traforo del Monte Bianco avvenuta il 24 marzo 1999 che comportò la morte di 39 persone. In quel caso, a scatenare l’incendio fu un tir che trasportava farina e margarina. Per via dell’effetto “forno” il tunnel in pochissimo tempo raggiunse temperature di oltre 1000°C, ciò ha causato il crollo e l’ammaloramento di parti consistenti della galleria dovuti allo spalling
Scenari simili disgraziatamente possono ripetersi se non si affronta il problema alla radice, a tal proposito le esperienze pregresse devono essere da monito sia per i futuri progettisti di nuove opere che per i Tecnici chiamati a dare il proprio contributo tecnico per restaurare, proteggere e quindi migliorare le opere esistenti. L’incendio rappresenta forse la condizione più severa per gli elementi strutturali, motivo per cui la prestazione delle misure e degli elementi posti a protezione delle strutture per migliorare il comportamento al fuoco, devono essere tali per garantire la capacità portante e quindi il livello di sicurezza in caso d’incendio per l’intera struttura e/o parte di essa, in modo da permettere l’evacuazione degli occupanti in autonomia o comunque per permettere alle squadre di soccorso di operare in sicurezza. Anche in questo caso fortunatamente ci vengono in aiuto le normative, non a caso la UNI 11076 si occupa esattamente di stabilire le modalità di prova per la valutazione del comportamento di protettivi applicati a soffitti di opere sotterranee, in condizioni di incendio. Sappiamo per certo che lo spalling può iniziare già a 300-400 °C e diventare estremamente intenso a 600-800 °C. Tale fenomeno è ancora più evidente nel caso in cui ci troviamo di fronte a calcestruzzi ad alta resistenza, in quanto il calcestruzzo inizia ad avere un abbassamento delle resistenze tra 200-400 °C. Mentre per quanto riguarda l’acciaio per calcestruzzo armato ordinario, sappiamo che questo è in grado di mantenere la propria resistenza a rottura fino a 350 °C, la stessa si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 800 °C. Nel caso invece di un calcestruzzo armato precompresso, la resistenza ha un decadimento del 30%, si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 750 °C. Per quanto riguarda invece il punto di rammollimento dell’acciaio da costruzione sappiamo che questo si verifica in un range tra i 1100-1300 °C, il suo punto di fusione si determina a 1538 °C.
Secondo i dati di riferimento estratti dalle linee guida europee sulle gallerie (PIARC e NFPA) gli incendi causati da autovetture o mezzi pesanti sono i seguenti:
- Incendio autovetture (motore termico): temperature max tra 600-900 °C, con picchi fino a 1000 °C
- Incendio autovetture auto elettriche: temperature max oltre i 1000 °C con picchi fino a 1500 °C
- Incendi autobus: temperature max tra 1000-1200 °C
- Incendi autotreni che trasportano merci infiammabili (es. materiale plastica, pneumatici, ecc.) temperature max 1200-1350 °C
DETERMINAZIONE DELLA RESISTENZA AL FUOCO SECONDO LA UNI 11076:2003
La prova ha una durata max di 120 minuti e consiste nella determinazione della temperatura a 25mm dall’intradosso del supporto, per mezzo di termocoppie di tipo platino rodio e conformi alla CEI EN 60584-1.
Classificazione T1
La temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate a 25 mm dall’intradosso del supporto non deve superare la temperatura iniziale di 200 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 250 °C. Mentre la temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate sull’interfaccia fra rivestimento protettivo e supporto non deve superare la temperatura iniziale di 330 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 380 °C.
Esecuzione della prova
Classificazione T2
La temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate a 25 mm dall’intradosso del supporto non deve superare la temperatura iniziale di 250 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 290 °C. Mentre la temperatura media registrata dalle termocoppie posizionate sull’interfaccia fra rivestimento protettivo e supporto non deve superare la temperatura iniziale di 380 °C, mentre la temperatura massima non deve superare la temperatura iniziale di 420 °C.
Per l’esecuzione della prova la struttura di supporto normalizzata deve essere eseguita rispettando i parametri dettati dalla UNI 11076 appendice B. Dunque, il prodotto protettivo deve essere applicato su una soletta in c.a. delle dimensioni 1650×1650 mm spessore 150 mm. A 25 mm dall’intradosso della soletta viene posizionata la rete elettrosaldata realizzata con tondini di Ø12 mm posizionati a maglia quadrata da 200×200 mm.
Sebbene questo problema sia estremamente grave e ampiamente discusso dalle stesse norme, non è raro oramai assistere alle teorie più disparate, si invita il lettore, infatti, a voler riflettere abbondantemente su quanto si legge sempre più spesso su vari articoli. La domanda allora sorge spontanea: <<Come si può pensare che un prodotto qualsiasi – si spera a base cementizia – che non sia stato specificatamente concepito, progettato e formulato per rispondere a prove di laboratorio così stringenti, possa farlo positivamente in situazioni di reale pericolo per la collettività? Ma soprattutto, perché questi materiali non sono certificati T1 e T2??>>.
COSA CI OFFRE IL MERCATO? Esistono proposte rispondenti alla norma di riferimento in commercio??
Un’attenta ricerca di mercato, ha permesso di venire a conoscenza del fatto che l’unico prodotto esistente sul mercato in grado rispondere alla suddetta norma è l’AETERNUM FIRE di TEKNA CHEM (vedasi di seguito dati tecnici) salvo smentite.
AETERNUM FIRE, è uno speciale intonaco antifuoco premiscelato, progettato per resistere a condizioni estreme. Allo spessore di 60 mm, si mantiene strutturalmente integro a contatto diretto con fiamme superiori a 1400 °C, per un tempo che va ben oltre i 120 minuti previsti dalla norma di riferimento UNI 11076. Con AETERNUM FIRE, la protezione passiva al fuoco grazie alla conformità normativa, rappresenta una garanzia di continuità verso l’affidabilità delle infrastrutture.
AETERNUM FIRE è certificato alla resistenza al fuoco secondo la normativa UNI 11076:2003: classificazione T1 allo spessore di 6 cm;
Confezionamento provino
Lato esposto (protettivo) prima della prova
Lato esposto (protettivo) al termine della prova
Particolare protettivo al termine della prova
Particolare fissaggio rete elettrosaldata
Applicazione in situ
Per ottenere la classificazione T1 come mostrato dai grafici e dai dati:
Un intonaco speciale protettivo antifuoco dovrebbe garantire, a 2,5 cm dall’intradosso:
- una temperatura massima di 250 °C: l’AETERNUM FIRE garantisce una temperatura massima 102 °C (148 °C in meno della classe T1)
- una temperatura media di 200 °C: l’AETERNUM FIRE garantisce una temperatura media 91,5 °C (108,5 °C in meno della classe T1)
Un intonaco speciale protettivo antifuoco dovrebbe garantire, all’interfaccia fra supporto e il rivestimento protettivo:
- una temperatura massima di 380 °C: l’AETERNUM FIRE garantisce una temperatura massima 274 °C (106 °C in meno della classe T1)
- una temperatura media di 330 °C: l’AETERNUM FIRE garantisce una temperatura media 247 °C (83 °C in meno della classe T1).
Curva di riscaldamento teorica e sperimentale
Incremento temperatura media e massima in corrispondenza dell’interfaccia tra protettivo e soletta
Quali obiettivi devono porsi oggi i Tecnici che vogliono davvero proteggere e migliorare il livello di comportamento al fuoco delle strutture?
Come abbiamo potuto constatare già all’inizio dell’articolo (si riporta testuale):
… il calcestruzzo inizia ad avere un abbassamento delle resistenze tra 200-400 °C. Mentre per quanto riguarda per quanto riguarda l’acciaio per calcestruzzo armato ordinario, sappiamo che questo è in grado di mantenere la propria resistenza a rottura fino a 350 °C, la stessa si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 800 °C. Nel caso invece di un calcestruzzo armato precompresso, la resistenza ha un decadimento del 30%, si dimezza a 500 °C e diviene nulla a 750 °C.” È evidente che, se non si rispettano questi parametri, non si sta proteggendo la struttura!!
Di fronte a questi dati è facile dimostrare come la teoria proposta da molti, secondo cui l’immissione di fibre in acciaio e polipropilene, fallisca miseramente!!
Il vero obiettivo di un Tecnico deve essere proteggere interamente l’opera con uno strato di sacrificio, come può essere un intonaco antincendio studiato e progettato specificatamente, dopotutto l’ingegneria ci insegna a risolvere problemi complessi non a cercare di aggirarli. L’aggiunta di fibre in polipropilene che per loro natura iniziano a sublimare parzialmente già a 170°C, non può assolutamente rappresentare la panacea per questo tipo di problema!!
Sappiamo benissimo che il calcestruzzo a 200°C inizia a subire un lento ma inesorabile decadimento delle sue proprietà e dunque le caratteristiche di un intonaco antincendio devono essere tali per garantire il mantenimento della capacità portante delle strutture in condizioni di emergenza. Per proteggere ad es. la calotta di una galleria, un intonaco antifuoco deve possedere caratteristiche tali da consentirgli di rappresentare un vero e proprio scudo per il calcestruzzo e per le armature metalliche, in modo che quest’ultime possano conservare il più a lungo possibile la loro resistenza a rottura.
È sulla base di queste riflessioni ed argomentazioni che un Tecnico dovrebbe progettare la durabilità ed il restauro delle opere e non seguire le mode imposte dal “mercato”. Tentare di mitigare gli effetti negativi dello spalling nel calcestruzzo (agente veicolante per il calore) non è una soluzione, ma è soltanto un disperato e maldestro tentativo di aggirare il problema. Il vero killer è rappresentato dal calore che colpisce calcestruzzo e l’acciaio d’armatura enon dalle fessurazioni che si generano a seguito di questo fenomeno.


